Ho letto recentemente su questo giornale un interessante articolo sulla situazione della tutela dei pedoni nell’area Adigeo. L’arguto ed ironico commento del Sig. Alberto in calce al suddetto articolo, mi ha spinto a condividere alcune riflessioni. Se è vero che molte, ed ormai troppe, amministrazioni comunali si sono prese gioco degli ignari cittadini (soprattutto perché non educati a prendersi a cuore il “pubblico interesse”), va tuttavia detto che non tutto ciò che si può fare è giusto che sia fatto.
Gli amministratori ricevono il mandato dai cittadini ed è a questi che essi dovrebbero guardare quando fanno le scelte, non agli sponsor più influenti. Le leggi esistono, ed anche il vituperato “buon senso” ed il cosiddetto criterio del “buon padre di famiglia”, forme antiche, ma quanto mai valide a testimoniare che non bastano le sole leggi a governare ed agire correttamente.
Ciò non toglie che il preposto potere giudiziario non debba osservare più attentamente certi fenomeni che avvengono sotto i nostri distratti occhi. Com’è possibile che, ad esempio, a Verona Sud vi sia un certificato credito di verde di oltre 700.000 mq? Com’è possibile che sulla città di Verona i metri quadri di verde mancante (certificati dal Comune stesso) siano oltre 2 milioni?
La risposta è che quei metri quadri di verde di mitigazione sono stati, negli anni, ingiustamente ed arbitrariamente, sottratti alla collettività con interpretazioni poco limpide di norme tecniche operative (le famose NTO per gli addetti ai lavori) redatte dai comuni. Tali regolamenti avrebbero dovuto fornire i criteri operativi per garantire la buona e coerente applicazione di quei sani principi dettati dalle superiori norme urbanistiche atte a garantire uno sviluppo sostenibile ed un tessuto urbano vivibile.
Purtroppo un dissennato ed irregolare abuso della cosiddetta “monetizzazione” ha portato a tale attuale situazione. Ciò che è veramente grave ed imperdonabile è che questo abuso perduri tutt’ora.
Quand’è che un attento Procuratore della Repubblica potrà entrare nel merito di tali perversi meccanismi per imporre la giusta tutela all’interesse collettivo che dovrebbe sempre precedere quello privato?
Com’è possibile che ancora in questi giorni il comune di Verona si accinga a concedere licenze edilizie per grandi ed impattanti complessi con 0 mq di verde compensativo? Com’è possibile che assessori e dirigenti comunali, che dovrebbero essere competenti in materia, si arroghino il diritto di concedere ancora che l’interesse privato crei sottrazione di diritti fondamentali alla collettività?
E ciò anche se vi è una giurisdizione superiore, come quella del Consiglio di Stato, che ha chiarito che non è lecito per comune e privati prendersi i “commoda” (monetizzazione degli oneri urbanistici primari e secondari per il comune e licenza edilizia per i costruttori), lasciando gli “incommoda” (ovvero deterioramento del tessuto urbano locale con traffico, inquinamento e peggioramento della qualità di vita) sulle spalle degli “ignari” cittadini.
Lo dicono anche le norme che non si possono monetizzare gli oneri di urbanizzazione in un ATO (area territoriale omogenea) se tale area è già carente delle dovute opere di urbanizzazione, tra cui il verde di mitigazione.
Vogliamo poi parlare di come vengono monetizzati tali oneri? Il comune, anziché farsi pagare gli importi necessari per reperire l’area da destinare a verde comprensiva del costo degli alberi, concede allegramente ai richiedenti (sulla pelle dei cittadini) di versare il solo costo delle opere di piantumazione inventandosi poi qualche soluzione, con un po’ di fantasia, su dove piantare tali alberi: magari su aree già verdi del Comune, o proponendo addirittura ai privati di piantarli nei propri giardini.
Ecco, forse un’indagine su tutto ciò potrebbe avere un grande valore per ripristinare una lungamente disattesa tutela della collettività.