INTERVISTA – La portavoce Lucina Pini: «Dopo le ultime elezioni il dialogo con l’amministrazione comunale è andato scemando, insieme a gran parte delle promesse elettorali che ci erano state fatte».
Lucina Pini dal dicembre 2015 è uno dei membri più attivi del Comitato di Verona Sud, dopo aver fatto parte del Comitato Insieme per Borgo Roma – Beghelli che si è battuto per la realizzazione del Nuovo Parco San Giacomo. Il Comitato Verona Sud nasce come gruppo apartitico nel settembre 2015 e si concentra su alcune aree di Verona particolarmente fragili dal punto di vista ambientale: Borgo Roma, Ca’ Di David, Golosine e Santa Lucia. Manuela Benetollo è stata la prima presidente, seguita da Andrea Modenese. «Ognuno si occupa di ciò che sente più nelle proprie corde – spiega Pini – anche in base alla vicinanza logistica della propria residenza alle zone di nostro interesse. Quindi tra noi non si può parlare di una vera e propria gerarchia: la nostra è un’organizzazione libera, orizzontale e spontanea».
– Qual è stata la vostra prima battaglia?
Lucina Pini. «Abbiamo cominciato dalla richiesta dei cittadini di riconvertire a verde pubblico le aree adiacenti al parco Santa Teresa – i famosi comparti 1, 2 e 3 – utilizzate come spazi per il parcheggio durante le manifestazioni fieristiche. Una questione ancora calda e irrisolta, come la maggior parte di quelle di cui ci siamo occupati nel corso degli anni: nel maggio del 2018 l’Amministrazione Comunale ha votato all’unanimità la mozione che impegnava la giunta nell’obiettivo di rendere le tre aree degli spazi pubblici verdi. L’impegno dell’ampliamento del parco è stato ufficializzato in ultima battuta durante la conferenza stampa del 3 gennaio 2020 a Palazzo Barbieri, con la presentazione di una bozza progettuale da parte di degli assessori all’Urbanistica Ilaria Segala, alla Viabilità Luca Zanotto e ai Giardini Marco Padovani».
– Nel mentre avete posto le basi per ulteriori obiettivi da raggiungere?
Lucina Pini. «Negli anni 2016/2017, oltre alla richiesta di verde compensativo, ci siamo interessati molto all’aumento del traffico veicolare e del relativo inquinamento a Verona Sud, dovuto in buon parte all’edificazione di grandi superfici commerciali. Nel gennaio 2016 c’è stata anche la prima manifestazione del nostro Comitato, a cui hanno partecipato circa 500 persone. In quell’occasione, abbiamo iniziato a parlare del nostro secondo “cavallo di battaglia”: la creazione di un polmone verde presso il parco all’ex Scalo merci. Volevamo contribuire alla causa con qualcosa di concreto da presentare alle istituzioni: perciò abbiamo commissionato un masterplan sulla programmazione della zona a dei professionisti, tra cui l’architetto Francesco La Serpe e il paesaggista Alberto Balestriero. Il documento è stato presentato ai cittadini nel corso della manifestazione del 22 ottobre 2016 in Piazza Bra: almeno un migliaio di persone hanno preso parte all’evento».
– E siete riusciti ad ottenere dei risultati concreti?
Lucina Pini. «Il 6 aprile 2017 abbiamo partecipato ad un incontro in Sala Lucchi con i candidati sindaco, insieme ad una decina di altri comitati di cui eravamo capofila. Abbiamo stilato e presentato con loro il documento Linea Comune, che evidenziava le nostre richieste in termini ambientali per la città di Verona. Insieme abbiamo rivendicato la realizzazione del cosiddetto Central Park negli oltre 500.000 mq dell’ex Scalo merci. La richiesta è stata messa per iscritto e firmata da più di 5.700 cittadini, per poi essere regolarmente depositata in Comune. Ancora oggi però non abbiamo ottenuto quasi nessuna delle risposte che volevamo, anzi: nel gennaio di quest’anno, una società del gruppo Ferrovie dello Stato aveva indetto un bando per la locazione logistica di due anni su un’area di 60.000 mq, ubicata nell’ex Scalo Merci. Questo significa tra i 40 e i 50 TIR al giorno che trasportano lastre d’acciaio, e un TIR da solo inquina come circa 60 autoveicoli. Perché tanta incoerenza da parte dell’amministrazione comunale?».
– Un altro dei vostri terreni di scontro più importanti è quello dell’Area ex Autogerma. Ce ne vuole parlare?
Lucina Pini. «Siamo nei quartieri di Santa Lucia e Golosine, in cui vivono circa 27.000 persone e in cui praticamente non esistono aree verdi pubbliche. La questione gira intorno ad un’area di proprietà di Cattolica Assicurazioni, tra via Velino e via Germania, che è di circa 15.000 mq ed è praticamente l’ultimo spazio disponibile per il verde di mitigazione dell’inquinamento. Nel 2017, Cattolica Assicurazione aveva avanzato la proposta di costruire palazzine di undici piani sull’area, al che i cittadini della zona si erano giustamente ribellati e impegnati molto per difendersi da ciò. Il 28 ottobre 2018 abbiamo raccolto 1.650 firme per la trasformazione a verde pubblico dell’area antistante Cattolica Center. Quando siamo stati ricevuti dal Comune, abbiamo ribadito la nostra richiesta al sindaco Sboarina con una lettera. Negli anni successivi abbiamo preso parte a diversi incontri con il Comune, durante i quali sono state quasi sempre presentate delle eventuali modifiche ai progetti di costruzione delle palazzine, ma mai l’idea di riconvertire l’area a verde pubblico. Il privato Cattolica Assicurazioni può di fatto disporre delle superfici di sua proprietà come meglio crede; il loro statuto però cita “sostenibilità, rispetto dell’ambiente e di coloro che ci vivono”. Quindi chiediamo che queste belle parole siano rispettate nei fatti, rinunciando per una volta agli introiti di una potenziale speculazione edilizia a favore della collettività».
– Sul nostro territorio è molto dibattuto anche il tema del monitoraggio dell’aria. Come vi state occupando di questo problema?
Lucina Pini. «Si può dire che ci stiamo muovendo attraverso due canali principali. In veste di Comitato aderiamo al progetto internazionale Lufdaten dell’OK Lab di Stoccarda e alla piattaforma Opensensemap, che danno la possibilità di misurare l’inquinamento atmosferico da particolato in tempo reale e in modo diffuso sul territorio: è possibile infatti connettersi alla loro rete attraverso gli apparecchi di monitoraggio airbeam assemblabili da qualsiasi cittadino. I dati rilevati sono pubblici e visibili sul nostro sito, in cui spieghiamo come possiamo aiutare chiunque voglia installare una propria centralina di monitoraggio dell’aria. Tra l’altro abbiamo organizzato numerose serate “laboratorio” per insegnare, a chi fosse interessato, come realizzare gli apparecchi, stimolando l’interesse di parecchi cittadini. Alcuni di loro hanno formato addirittura altri gruppi che poi hanno proseguito autonomamente!».
– E il secondo canale d’azione qual è?
Lucina Pini. «Come cittadini, dalla fine del 2017 stiamo seguendo gli sviluppi del progetto Looper, cofinanziato dal JPI Urban Europe e che coinvolge oltre a Verona anche le città di Manchester e Bruxelles. Peraltro, tale progetto è uno dei pochi tramite con le istituzioni che ancora rimangono: di fatto, dopo le ultime elezioni il nostro dialogo con l’amministrazione comunale è andato scemando sempre di più, insieme a gran parte delle promesse elettorali che ci erano state fatte»
– Rimanendo sul tema della contaminazione dell’aria, l’Università di Harvard ha di recente avviato uno studio per capire se ci possa essere una correlazione tra inquinamento e COVID-19. Anche in Italia si stanno avviando ricerche di questo tipo. Qual è il vostro punto di vista?
Lucina Pini. «Anche noi, nel nostro piccolo, ci stiamo dando da fare per raccogliere informazioni e documentazioni a dimostrazione del possibile legame tra particolato atmosferico e diffusione del Covid-19. Non è ancora stato accertato nulla. Tuttavia, se fosse vero che il pessimo stato dell’aria che respiriamo avrebbe favorito l’espansione del virus in alcuni territori rispetto ad altri, risulterebbe chiaro per l’ennesima volta che è l’uomo con le sue azioni a determinare il destino e la qualità della propria vita. Del resto, una pandemia c’è stata, potrà essercene anche un’altra. Dovremo essere sempre pronti».
– È iniziata la Fase 2 e le attività stanno ripartendo: qualcosa cambierà nel dialogo sull’ambiente?
Lucina Pini. «Da parte nostra c’è una sensibilità ancora più profonda rispetto a prima. È davvero tempo di rendersi conto, a livello sociale, amministrativo e governativo, che un ambiente salutare non è un lusso, un qualcosa di “bello”, ma un bene primario. Quando si parla di aree verdi che mancano e di quelle che dovrebbero essere create non stiamo chiacchierando di un fattore meramente estetico, ma di una vera e propria necessità. Punto».
– Su quali fronti ricomincerete ad impegnarvi adesso che ricomincia una maggiore mobilità?
Lucina Pini. «Nessuna delle battaglie a cui ci siamo interessati negli anni conta più di un’altra. A queste si aggiungono l’idea di creare delle barriere arboree ecologiche nei pressi delle autostrade come l’A4, e quella di fermare l’eventuale e dibattuto ampliamento del parcheggio multipiano Re Teodorico nel quartiere della ZAI storica, voluto da Verona Fiereper gli operatori fieristici. E poi resta il grande problema dell’eccessiva monetizzazione del verde a Verona, ossia della monetizzazione sostitutiva degli standard urbanistici. Si tratta di una procedura corretta ma eccezionale, la quale prevede che il Comune, a fronte di licenze edilizie/commerciali, conceda di sostituire la realizzazione dei dovuti servizi, come parcheggi, strade, aree verdi, con il corrispettivo in denaro. Su questo tema vorremmo instaurare una conversazione seria con l’amministrazione comunale e le varie istituzioni, conversazione che fino ad oggi non c’è stata volontà di far partire».
Intervista di Serena Ferraro per VeronaIn